Pamelo era ben felice di lasciare la complicata società elfimera e tornare al mondo umano, anche se provava già una incomprensibile nostalgia per le chiacchierate differite con i suoi compagni di lavoro, e in particolare con la sua amica Baccasfondata. La cosa strana era che ricordava con affetto anche i momenti peggiori, come il buio e il silenzio dei cunicoli, la ginnastica che li costringevano a fare tutte le mattine a piedi scalzi sul terreno brinato, la diarrea che gli veniva sempre dopo i pasti a base di more e mirtilli. Ne dedusse che la mente umana era programmata in maniera difettosa rispetto a quella elfimera. Mentre quelli provano per un evento passato l’esatta emozione che questo dovrebbe suscitare (e che al momento avevano rimandato), gli umani finiscono per inzuccherare anche i ricordi peggiori, così solitamente si affezionano e si adattano a tutte le condizioni (alcuni la chiamano flessibilità), anche se hanno avuto una vita di merda. Oppure, se le cose girano davvero male, a guardare come passi falsi o insignificanti momenti illusori anche i periodi più felici che hanno avuto in passato.
Mentre si perdeva in speculazioni comparative sulle due culture, Puffinbocca gli arrivò alle spalle di soppiatto. Era vestito con una felpa rossa unta su un paio di mutande bianche con una scritta sul bordo. Sotto ancora portava dei pantaloni larghi in tessuto sintetico brevetto cinese.
BUH! Gli fece, piombandogli addosso e mandandolo a ruzzolare giù per il fosso dove si erano incontrati la prima volta (e che nel frattempo era diventato una vera discarica a cielo aperto).
Pamelo si arrampicò fra i rifiuti con la ferma intenzione di strangolare l’elfimero, ma, una volta su, era troppo affannato e stravolto, e la pausa che fece per prender fiato permise al simpaticone di prendere le distanze
“Se mi fai del male resterai un elfimero per sempre” strillò.
“Non… puff…importa… sarò un elfimero felice”
“Non c’è ragione di alterarsi. E’ stato un scambio equo e consensuale”
Pamelo si calmò, anche se non era affatto d’accordo sull’equità dello scambio: ma restare un nanetto peloso per tutta la vita era l’ultimo dei suoi desideri.
“Allora” chiese Puffinbocca. “Raccontami un po’: ti è piaciuto vivere nel bosco? Che hai fatto di bello?”
“Mah, mi sono spezzato la schiena a scavare cunicoli e raccogliere cacche di cinghiale in estate, ho raccolto tonnellate di foglie in autunno e spalato la neve in inverno. E tutto il tempo senza avere una conversazione decente, con gente che rideva alle mie battute dopo due mesi e mi serviva vendette a freddo. Ho scontato cinque anni di lavori forzati al posto tuo, ma questo già lo sapevi. Ora devo trovarmi un lavoro e tutto quello che conosco è il vostro assurdo e inutile sistema di comunicazione differito”
“Fidati, in genere quello che studiate nelle vostre università non è più utile ad affrontare il lavoro e la vita da adulti di quanto lo sia il nostro sistema conversazionale” rispose l’elfimero con aria saputa.
“Anch’io non ho avuto un attimo libero” continuò “Inserirsi nella vostra vita sociale è altrettanto difficile. La mattina mi alzavo a mezzogiorno per andare al corso. Mangiavo un paio di brioches prese dalla macchina a gettoni e chiacchieravo con altri umani e umane sul prato del campus. Tornavo a casa e mi guardavo un po’ di tv, sfondandomi di canne con i coinquilini. Poi dovevo essere abbastanza lucido per alzarmi e uscire con la mia ragazza. Ci riempivamo di alcol, andavamo a ballare, facevamo un po’ di sesso. Verso le tre tornavo a casa sfinito e sfidavo il mio compagno di stanza alla play-station fino all’alba.” L’elfimerò si fermò, scuotendo la testa a rimarcare quanto fosse stata stressante la sua esperienza di vita universitaria. Poi, notando che Pamelo diventava paonazzo di rabbia, si affrettò ad aggiungere: “Certi giochi sono davvero complicati, ma non ti ho fatto sfigurare, non temere. Reggi l’alcol che è una meraviglia, credimi, sei una leggenda”
“Ma hai studiato? Hai dato gli esami? Sono laureato, insomma?” si limitò a chiedere Pamelo, sorprendendosi che la propria reazione non fosse stata una furia omicida: forse la cultura elfimera l’aveva influenzato più di quanto immaginasse.
“Ma certo! Non ho mica bisogno di studiare io. Con un tocco di magia sei laureato con lode” disse Puffinbocca
“E… in cosa?”
“Lettere e filosofia”
“Oh no! Sono rovinato!” si disperò il giovane, strappandosi i capelli da elfimero.
Puffinbocca si affrettò ad effettuare la trasformazione, temendo che l’umano gli rovinasse la preziosa pettinatura a forma di cappello e, recuperata la forma originaria, sgattaiolò via in silenzio.
Pamelo si ritrovò solo nel bosco, vestito come un deficiente, col fegato di un cinquantenne e una laurea in lettere.
Ma fra gli elfimeri era cresciuto, aveva imparato a lavorare sodo e a controllare le emozioni. Nonostante tutto, ce l’avrebbe fatta. Così, pieno di fiducia e buona volontà, si recò al paese a salutare suo padre (l’elfimero aveva omesso che questi l’aveva cacciato di casa), per cominciare finalmente la sua vita da adulto nella capitale.
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