Trovare una camera in appartamento a Roma era più complicato che farsi rapire dagli alieni (Pamelo ci aveva provato, ma le liste d’attesa erano lunghissime e i requisiti per l’ammissione più vaghi e misteriosi di quelli necessari per lavorare in televisione).
Certe persone erano disposte a uccidere per un monolocale di 10 mq con vista sulla tangenziale di via Prenestina. E se avessero ucciso davvero avrebbero sicuramente goduto di un alloggio più ampio e confortevole.
Per usufruire del privilegio di pagare 500 euro al mese per una cameretta grande quanto un frigorifero e condividere bagno e cucina con una mezza dozzina di persone, bisognava passare selezioni durissime.
La prima cominciava dagli annunci: doveva scartare quelli in cui accettavano solo ragazze, solo studenti, solo lavoratori, solo entrambi (Pamelo non apparteneva a nessuna di queste categorie, poiché era ancora disoccupato), solo ragazzi prestanti e coi capelli neri, solo infermiere, solo avvocati, solo agenti della CIA sotto copertura, solo membri della massoneria, solo avventisti del settimo giorno, solo cristiani ortodossi, solo ragazze pulite e ordinate, possibilmente single, solo alieni travestiti da agenti della CIA sotto copertura, solo matricole, solo liberi professionisti con reddito dimostrabile, solo donne con percentuale maschile inferiore al 10%, solo gattare de Roma, solo impiegati della pubblica amministrazione travestiti da agenti della CIA che si spacciano per alieni sotto copertura.
Trovato l’annuncio giusto, bisognava presentarsi ai colloqui di selezione, ovvero alla visita dell’appartamento. Pamelo a tal proposito trovava molto utili i consigli che di solito elargiscono su internet per presentarsi a un colloquio di lavoro. Vestirsi bene, controllare il nervosismo, fare attenzione alla comunicazione non verbale; mostrarsi sicuri di sé, ma umili; suggerire una forte volontà di ottenere il posto, ma fingere anche che non importi molto; sorridenti, ma seri; tranquilli, ma anche tesi; determinati, ma flessibili.
Pamelo si presentava alle visite con una grande agitazione e confusione (e non solo a causa dei consigli letti su internet). Lo sottoponevano ad interrogatori estenuanti e assurdi sui suoi orari, sulle preferenze alimentari e sessuali, e gli richiedevano dimostrazioni pratiche di pulizia della casa ed economia domestica. Così spesso si ritrovava a pulire e disinfettare interi appartamenti, sotto lo sguardo vigile e arcigno dei presunti futuri coinquilini, e senza ricavarne nulla. Perché poi il posto lo davano a un amico, o a uno che si era portato dietro detersivi migliori.
Dopo tanto penare, vagabondare e ramazzare, Pamelo trovò una camera in un bilocale seminterrato, da condividere con un impiegato a progetto addetto al recupero dati per una grande azienda di prodotti farmaceutici (probabilmente il concetto di “impiegato a progetto” era il bug che ispirava a scrivere i contraddittori manuali di consigli per un colloquio di cui sopra).
Il suo coinquilino si chiamava Marcovaldo Asdrubale Rossi (suo padre doveva soffrire di un profondo senso di inferiorità per il troppo comune cognome). Era sempre sorridente, ma serio, coi capelli impomatati e il taglio preistorico, gli occhietti vispi e le guance più rosse di quelle di Heidi. Sembrava fosse nato sul set di un telefilm per famiglie negli anni ’50 in America, e fosse stato ibernato e riprogrammato per vivere nell’Italia del 2000 da un astronauta russo orbitante sulla terra che per anni aveva captato solo le trasmissioni di quiz e giochi a premi made in italy.
Pamelo aveva vissuto con gente ben più insolita, e in fondo neanche lui godeva di perfetta salute mentale. Era fiducioso che sarebbero andati d’accordo, lui e Asdrubale, che si sarebbe creato un buon rapporto da coinquilini, e che sarebbe andato tutto bene.
Tuttavia si sentiva solo, e aveva tanto bisogno di qualcosa di più di un corretto e rispettoso rapporto di condivisione di un bilocale seminterrato.
La città era immensa e distante, e si scopriva sperso, non ne vedeva i confini, non ne trovava il centro. E sembrava che i milioni di persone che l’abitavano fossero estranei come specie differenti, come un batterio di meteorite per una collaboratrice domestica, universi non comunicanti, infiniti e soli. Trascorse la prima settimana chiuso nella sua cameretta a guardare le gambe dei passanti dalla finestra. I modelli di scarpe erano meno fantasiosi d’inverno, ma questo l’avrebbe appurato solo dopo qualche mese. Aveva affrontato settimane di ricerche per un appartamento. Trovare un lavoro sembrava ancora più complicato. E gli mancavano terribilmente gli amici del paese. Persino quando aveva vissuto tra gli elfimeri non gli erano mancati tanto.
... continua la prossima settimana...
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