Rapporti di ricerca sulla vita sessuale delle formiche australiane e sugli ultimi avvistamenti di corridori onirici

mercoledì 28 novembre 2007

LOVE IS SIMPLE - Akron/Family


Siete pronti a partire su questo pulmino colorato in un viaggio nel tempo e nello spazio verso l’america che abbiamo conosciuto solo nei sogni e gli anni 60 immaginati più fulgidi d’amore, quel tempo che forse è esistito solo in punta di note e parole di canzoni, siete pronti a partire per la terra del “tutto è possibile”?
Allora lasciatevi andare senza paura, buttatevi in questo variopinto trip musicale, perché a prendervi ci saranno le braccia calde e amorevoli della Famiglia Akron.
Aprite quello sportello fresco di vernice rossa e salite. Love, Love, Love (Everyone) vi accoglie con quell’incedere solenne e spensierato che si sentiva nelle ballate più romantiche e trascinanti dei Beatles. Bene, siete saliti. Un battito di mani saluta il nuovo arrivato, accendiamo il motore, parte la seconda traccia. E il clap clap si trasforma nelle acclamazioni concitate, ritmate, festose e inquiete di un’orgia tribale, un rituale, un sabba per la liberazione sessuale. Ed Is A Portal lancia strali di psichedelia, raga e cantilene corali verso l’infinito. La coda elettronica vi ricorda che siamo nel 2007, ma niente paura, nella Famiglia Akron il tempo non ha importanza, anche la melodia più beatlesiana suona nuova e potente. Come nella traccia successiva: Dont’ Be Afraid, You Are Already Dead. Don’t Be Afraid, It Is Only Love: Love Is Simple.
L’introduzione di I’ve Got Some Friend potrebbe averla scritta Frank Zappa in persona. Ma poi ti ritrovi a viaggiare nella California dei Greatful Dead, fra country e psichedelia.  Hai perso l’orientamento. Le luci si offuscano. E’ il tramonto, è una preghiera? Lake Song/New Ceremony e sei nel deserto a cavallo di un coyote. Hai mangiato qualche fungo di troppo. Ma una voce incredibilmente dolce ti rassicura, ti tiene per mano, mentre cavalchi su cori tribali femminili (scomparse le chitarre) verso il tuo spirito guida.  E via anche la melodia, siamo in piena trance: lamenti e voci scarnificate che esplodono e ti ballano nella testa possedute dagli dei del rock. La nuova cerimonia introduce al cuore pulsante del viaggio, There’s So Many Colors (è anche significativamente al centro del disco). Aprono salmodianti cori femminili, si infiltra una chitarra acida, accordi errabondi che ricordano ancora i Greatful Dead e la risoluzione in una ballata folk che dipinge immensi cieli blu, vallate e montagne. Nel crescendo musicale il viaggio sembra sempre più magico, la vita è improvvisamente piena di colori e di amore, e dopo il festoso jam finale, un contrappunto sonoro più lento e riflessivo vi prepara al brano successivo: Crikets.
Con questa delicata folk song facciamo una sosta per guardare il paesaggio, pensare alla strada che abbiamo fatto finora, scambiarci qualche tenerezza.
Phenomena inizia con una melodia canticchiata, uno di quei motivetti eterni che vi sembra di conoscere da sempre, come una favola che vi hanno raccontato da bambini. Ed è un contrappunto continuo fra giri di chitarre alla Creedence dal sapore rock più puro e il ritorno di quella dolce melodia. Un match fra i ricordi d’infanzia, il desiderio del calore famigliare e del piacere delle piccole cose, e la ribellione, il salto nell’età adulta, la volontà di correre senza freni.
Pony’s O.G.: siamo sulla riva di un fiume a meditare sulla vita, sotto la luce autunnale di questa ballata country. Improvvisamente la voce riverbera elettronicamente in toni da space rock, un corno lancia un lungo richiamo e dal nulla spunta un gruppo di vampiri metropolitani, che fra acide trombe jazz vi porta nelle sensuali e pericolose strade di una città: insegne, neon, squarci di vita notturna, sesso e droga. Ma no, non è New York, saremo in qualche città di provincia del Texas: e il coro che ci sembrava di vampiri è in realtà dei nostri cari vecchi Akron che hanno fatto un po’ tardi a suonare in un locale. Of All The Things e finiamo il viaggio in festa. Apre con fiati e cori incalzanti: sembra di stare a un funerale irlandese. Ci siamo ubriacati, abbiamo ballato, ci siamo divertiti, ma lo sappiamo: è quasi ora di tornare a casa. Le chitarre bruciano ancora indiavolate, gli Akron/Family cantano a pieni polmoni, ma le luci pian piano si spengono, il pulmino hippie si ferma. Love, Love, Love (Reprise). Torna il tema iniziale. Ci abbracciamo. Ci salutiamo, un po’ tristi, ma più ricchi. La musica riecheggia sempre più lontana e restiamo soli nell’alba slavata, felici e sbronzi, ad ascoltare i suoni di rassicurante mistero mattutino.
E abbiamo subito voglia di far ripartire il disco e di iniziare un altro viaggio.

mercoledì 21 novembre 2007

Pamelo. Le sventure della buona volontà. Capitolo 5.

Trovare una camera in appartamento a Roma era più complicato che farsi rapire dagli alieni (Pamelo ci aveva provato, ma le liste d’attesa erano lunghissime e i requisiti per l’ammissione più vaghi e misteriosi di quelli necessari per lavorare in televisione).
Certe persone erano disposte a uccidere per un monolocale di 10 mq con vista sulla tangenziale di via Prenestina. E se avessero ucciso davvero avrebbero sicuramente goduto di un alloggio più ampio e confortevole.
Per usufruire del privilegio di pagare 500 euro al mese per una cameretta grande quanto un frigorifero e condividere bagno e cucina con una mezza dozzina di persone, bisognava passare selezioni durissime.
La prima cominciava dagli annunci: doveva scartare quelli in cui accettavano solo ragazze, solo studenti, solo lavoratori, solo entrambi (Pamelo non apparteneva a nessuna di queste categorie, poiché era ancora disoccupato), solo ragazzi prestanti e coi capelli neri, solo infermiere, solo avvocati, solo agenti della CIA sotto copertura, solo membri della massoneria, solo avventisti del settimo giorno, solo cristiani ortodossi, solo ragazze pulite e ordinate, possibilmente single, solo alieni travestiti da agenti della CIA sotto copertura, solo matricole, solo liberi professionisti con reddito dimostrabile, solo donne con percentuale maschile inferiore al 10%, solo gattare de Roma, solo impiegati della pubblica amministrazione travestiti da agenti della CIA che si spacciano per alieni sotto copertura.
Trovato l’annuncio giusto, bisognava presentarsi ai colloqui di selezione, ovvero alla visita dell’appartamento. Pamelo a tal proposito trovava molto utili i consigli che di solito elargiscono su internet per presentarsi a un colloquio di lavoro. Vestirsi bene, controllare il nervosismo, fare attenzione alla comunicazione non verbale; mostrarsi sicuri di sé, ma umili; suggerire una forte volontà di ottenere il posto, ma fingere anche che non importi molto; sorridenti, ma seri; tranquilli, ma anche tesi; determinati, ma flessibili.
Pamelo si presentava alle visite con una grande agitazione e confusione (e non solo a causa dei consigli letti su internet). Lo sottoponevano ad interrogatori estenuanti e assurdi sui suoi orari, sulle preferenze alimentari e sessuali, e gli richiedevano dimostrazioni pratiche di pulizia della casa ed economia domestica. Così spesso si ritrovava a pulire e disinfettare interi appartamenti,  sotto lo sguardo vigile e arcigno dei presunti futuri coinquilini, e senza ricavarne nulla. Perché poi il posto lo davano a un amico, o a uno che si era portato dietro detersivi migliori.
Dopo tanto penare, vagabondare e ramazzare, Pamelo trovò una camera in un bilocale seminterrato, da condividere con un impiegato a progetto addetto al recupero dati per una grande azienda di prodotti farmaceutici (probabilmente il concetto di “impiegato a progetto” era il bug che ispirava a scrivere i contraddittori manuali di consigli per un colloquio di cui sopra).
Il suo coinquilino si chiamava Marcovaldo Asdrubale Rossi (suo padre doveva soffrire di un profondo senso di inferiorità per il troppo comune cognome). Era sempre sorridente, ma serio, coi capelli impomatati e il taglio preistorico, gli occhietti vispi e le guance più rosse di quelle di Heidi. Sembrava fosse nato sul set di un telefilm per famiglie negli anni ’50 in America, e fosse stato ibernato e riprogrammato per vivere nell’Italia del 2000 da un astronauta russo orbitante sulla terra che per anni aveva captato solo le trasmissioni di quiz e giochi a premi made in italy.
Pamelo aveva vissuto con gente ben più insolita, e in fondo neanche lui godeva di perfetta salute mentale. Era fiducioso che sarebbero andati d’accordo, lui e Asdrubale, che si sarebbe creato un buon rapporto da coinquilini, e che sarebbe andato tutto bene.
Tuttavia si sentiva solo, e aveva tanto bisogno di qualcosa di più di un corretto e rispettoso rapporto di condivisione di un bilocale seminterrato.
La città era immensa e distante, e si scopriva sperso, non ne vedeva i confini, non ne trovava il centro. E sembrava che i milioni di persone che l’abitavano fossero estranei come specie differenti, come un batterio di meteorite per una collaboratrice domestica, universi non comunicanti, infiniti e soli. Trascorse la prima settimana chiuso nella sua cameretta a guardare le gambe dei passanti dalla finestra. I modelli di scarpe erano meno fantasiosi d’inverno, ma questo l’avrebbe appurato solo dopo qualche mese. Aveva affrontato settimane di ricerche per un appartamento. Trovare un lavoro sembrava ancora più complicato. E gli mancavano terribilmente gli amici del paese. Persino quando aveva vissuto tra gli elfimeri non gli erano mancati tanto.

... continua la prossima settimana...

domenica 18 novembre 2007

Animal Man di Grant Morrison

Nel tentativo di ridare nuova linfa al filone supereroistico la DC Comics si affida a giovani ingegni inglesi, che, sulla scia del modernismo weird alla Alan Moore, facciano un make up intelligente ai vecchi giustizieri in costume.
Una menzione meritano gli albi di Animal Man di Grant Morrison, che ripesca un supereroe squallido e sfigato, Buddy Baker, il cui potere gli permette di assumere le capacità e le abilità degli animali che si trovano nelle vicinanze.
L'Animal Man di Morrison ha una famiglia ed è disoccupato. Cerca di entrare nella Justice League e di conoscere Superman per avere una raccomandazione. Non vuole la fama nè è mosso dal desiderio di combattere il crimine. Si trova ad avere questi poteri e cerca di ricavarci un lavoro. E, fra insicurezze personali e sani momenti di stupidità, si ritrova a combattere per la salvaguardia del pianeta, a rispondere alle richieste non della polizia, o dei governi, ma di associazioni animaliste e ambientaliste.
Insomma, fin qui niente di nuovo. In fondo ci voleva un supereroe che non si preoccupa solo del crimine e della sicurezza (anzi, nell'episodio "La Maschera Rossa" cerca anche di salvare dal suicidio un supermalvagio, perché lo reputa una brava persona), ma anche dei diritti delle cavie da laboratorio e della salvaguardia ambientale. Ciò che la rende davvero un'opera interessante è la leggerezza e l'ironia del tono, la serietà e la profondità dei temi che non sfociano mai nella retorica, l'intelligenza e la godibilità della storia.
Vera perla del volume è Il Vangelo del Coyote. Un uomo dalla vita distrutta e tormentata torna nel deserto del Nevada per uccidere un coyote antropomorfo che ritiene reponsabile non solo dei suoi, ma di tutti i mali del mondo. Ma, nonostante lo schiacci sotto le ruote del camion, gli spari, lo faccia esplodere, il coyote non muore. L'animale massacrato consegna a Buddy (che si trova a passare da lì) una pergamena. C'è la sua storia. Il disegno cambia e ci troviamo in tavole stile Looney Tunes, con gli animali tondi tondi che si danno martellate e si fanno esplodere, ma non muoiono mai. Sì, stiamo parlando proprio del famoso Coyote compagno-nemico eterno di Willy. Un giorno, stanco di questo odio insensato il Coyote si eleva a Dio. Questi lo catapulta nel nostro universo, consentendogli di salvare e redimere il mondo attraverso la propria sofferenza. Ma Animal Man non riesce a tradurre il suo vangelo e un proiettile d'argento sparato dall'uomo che lo crede un demone infine uccide il coyote redentore.
Probabilmente il mio sunto non rende giustizia alla genialità, alla poesia e alla freschezza di questo episodio. Probabilmente questa è una delle cose più affascinanti che abbia letto ultimamente e credo sempre più che gran parte della letteratura ufficiale e spesso anche del fumetto cosiddetto "d'autore" sia vuota e ingessata. Ed è molto più probabile che perle di vera poesia si trovino nella cultura pop, magari di serie B o in un filone di scarsa stima come quello supereroistico, che in in opere incensate dalla critica letteraria ufficiale.
Già, ho scoperto l'acqua calda... ma ho passato anni a credere il contrario, e a privarmi delle vere prelibatezze, ed ora ho bisogno di ripetermelo. In fondo non è così strano che la cultura ufficiale sia ingessata con tutti quei riflettori addosso. E' naturale che le cose più geniali e innovative si sviluppino dove c'è vera libertà per l'arte... paradossalmente nella cultura pop e commerciale. E questa lezione dovrebbe impararla soprattutto l'ingessatissimo cinema italiano (se non proprio tutta la cultura italiana)... ma questa è un'altra storia. Insomma, volevo solo consigliare questo fumetto.
That's all...

giovedì 15 novembre 2007

Il terrifico odore.

Stavo lavando i piatti in cucina, quando sento un terribile, nauseante odore provenire dal buco di scolo.
Detergo il lavello con del sapone sciogli-calcare, e ne getto una dose abbondante anche nello scolo. Ma l’odore non accenna a scemare. Naturale. Manco da una settimana e quell’incapace di mio marito mi ha fatto trovare una montagna di piatti e pentole da lavare, più un mare di briciole sotto il tavolo e cicche di sigaretta dappertutto.
Lui, però, non s’è fatto trovare.
E’ naturale che lo scolo sia invaso da residui di cibo, cenere e altri maleodoranti liquidi e gelatine.
Oh, è davvero inconcepibile che quell’insetto di mio marito non sappia stare in casa da solo. E per giunta mi ha lasciato un esercito di buste dell’immondizia tutte in fila per il corridoio.
Per consolarmi, dopo una mattinata di rottura di schiena per riassettare la casa, mi sono preparata una bella bistecca al sangue con contorno di patate fritte. Ma dopo un paio di morsi ho smesso, perché quell’odore schifoso che continua a venir su dallo scolo mi ha tolto l’appetito. Se non fosse domenica chiamerei l’idraulico.
Verso circa mezza bottiglia di sapone anti-batterico nel terrifico buco, chiudo la porta della cucina e mi trasferisco a mangiare in salotto. Ma dopo cinque minuti la puzza mi raggiunge inesorabile e desisto definitivamente dall’idea di ingurgitare altro cibo.
Ho spruzzato del deodorante limone e vaniglia per tutta la casa, soprattutto in cucina, e mi sono chiusa a chiave nella stanza più lontana, la camera da letto.
Stranamente il letto era rifatto, segno, o che mio marito non ci aveva dormito per niente, e, in questo caso, dove diamine aveva passato la notte?, o che gliel’aveva risistemato qualcun altro. O altra. (Giacché c’era, perché non aveva lavato anche i piatti quella stronza?)
Mi distendo sul letto e abbasso le tapparelle.
Fu in quella deliziosa e ipnotica penombra che mi venne a scovare, inarrestabile, l’Odore.
No, così non si può continuare. Ma che cazzo ha fatto quel mollusco, ci ha pisciato nel lavello?
Se resto qui stanotte l’odore mi ucciderà. Vado a dormire da un’amica.
“Hai visto mio marito, cara?”
“No. Proprio non l’ho visto in questi giorni. Perché, cosa è successo?”
“Oh, nulla di grave. Solo che il porco ha disertato il porcile”
“Ti faccio un tè caldo, vedrai che tornerà”
“Spero che non torni, se no gli cavo gli occhi e li faccio sciogliere col Mister Muscolo!”
Il giorno dopo ho chiamato l’idraulico e sono tornata a casa. Mentre aspettavo riflettevo sull’assoluta inusualità di quell’odore. Era inquietante, come di putrefazione. Che non si sia incastrato qualche grosso insetto nello scolo?
E mio marito poi? Dove sarà finito quel verme? Neanche un biglietto, un avviso. Niente.
Ah, finalmente! E’ arrivato l’idraulico. Io mi ci sarò abituata, ma la puzza deve aver raggiunto vette incredibili, dato che il pover’uomo, appena entrato, ha fatto un balzo all’indietro.
“Viene dallo scarico del lavandino” gli ho detto.
Ci ha lavorato quasi un’ora, per tirar fuori tutto dallo scarico e pulirlo e disinfettarlo per bene. Ha messo lo sporco in una ciotola.
“Vede, signora” mi ha detto “E’ da qui che veniva la puzza. Vede, s’era incastrato fra i residui di cibo e si stava decomponendo”.
Sì, infatti, fra mollica bagnata, foglie di lattuga, grani di prezzemolo raggrumato a uova e frammenti di salsiccia, c’era un pezzo di carne gelatinosa, rosata, non cotta, chiaramente in putrefazione.
L’idraulico ha gettato il contenuto della ciotola nella pattumiera ed è andato via.
Ah, che bello, via tutti, anche la puzza!
Mentre stavo per addormentarmi, però, ho ripensato a quel pezzo di carne molle e rosa, dall’aspetto familiare. Che strana forma aveva! Sembrava proprio un corpo umano.
  FINE



Questo lunedì ho saltato il capitolo di Pamelo. Ed è un pò che non scrivo più recensioni... conto di tornare a scrivere dalla settimana prossima con più regolarità. Intanto spero che questo raccontino horror vi sia piaciuto.
E ricordatevi di lavare i piatti e di non lasciare residui di cibo nel lavello!!!

martedì 6 novembre 2007

Pamelo.Le sventure della buona volontà. Capitolo 4

Pamelo era ben felice di lasciare la complicata società elfimera e tornare al mondo umano, anche se provava già una incomprensibile nostalgia per le chiacchierate differite con i suoi compagni di lavoro, e in particolare con la sua amica Baccasfondata. La cosa strana era che ricordava con affetto anche i momenti peggiori, come il buio e il silenzio dei cunicoli, la ginnastica che li costringevano a fare tutte le mattine a piedi scalzi sul terreno brinato, la diarrea che gli veniva sempre dopo i pasti a base di more e mirtilli. Ne dedusse che la mente umana era programmata in maniera difettosa rispetto a quella elfimera. Mentre quelli provano per un evento passato l’esatta emozione che questo dovrebbe suscitare (e che al momento avevano rimandato), gli umani finiscono per inzuccherare anche i ricordi peggiori, così solitamente si affezionano e si adattano a tutte le condizioni (alcuni la chiamano flessibilità), anche se hanno avuto una vita di merda. Oppure, se le cose girano davvero male, a guardare come passi falsi o insignificanti momenti illusori anche i periodi più felici che hanno avuto in passato. 
Mentre si perdeva in speculazioni comparative sulle due culture, Puffinbocca gli arrivò alle spalle di soppiatto. Era vestito con una felpa rossa unta su un paio di mutande bianche con una scritta sul bordo. Sotto ancora portava dei pantaloni larghi in tessuto sintetico brevetto cinese.
BUH! Gli fece, piombandogli addosso e mandandolo a ruzzolare giù per il fosso dove si erano incontrati la prima volta (e che nel frattempo era diventato una vera discarica a cielo aperto).
Pamelo si arrampicò fra i rifiuti con la ferma intenzione di strangolare l’elfimero, ma, una volta su, era troppo affannato e stravolto, e la pausa che fece per prender fiato permise al simpaticone di prendere le distanze
“Se mi fai del male resterai un elfimero per sempre” strillò.
“Non… puff…importa… sarò un elfimero felice”
“Non c’è ragione di alterarsi. E’ stato un scambio equo e consensuale”
Pamelo si calmò, anche se non era affatto d’accordo sull’equità dello scambio: ma restare un nanetto peloso per tutta la vita era l’ultimo dei suoi desideri.
“Allora” chiese Puffinbocca. “Raccontami un po’: ti è piaciuto vivere nel bosco? Che hai fatto di bello?”
“Mah, mi sono spezzato la schiena a scavare cunicoli e raccogliere cacche di cinghiale in estate, ho raccolto tonnellate di foglie in autunno e spalato la neve in inverno. E tutto il tempo senza avere una conversazione decente, con gente che rideva alle mie battute dopo due mesi e mi serviva vendette a freddo. Ho scontato cinque anni di lavori forzati al posto tuo, ma questo già lo sapevi. Ora devo trovarmi un lavoro e tutto quello che conosco è il vostro assurdo e inutile sistema di comunicazione differito”
“Fidati, in genere quello che studiate nelle vostre università non è più utile ad affrontare il lavoro e la vita da adulti di quanto lo sia il nostro sistema conversazionale” rispose l’elfimero con aria saputa.
“Anch’io non ho avuto un attimo libero” continuò “Inserirsi nella vostra vita sociale è altrettanto difficile. La mattina mi alzavo a mezzogiorno per andare al corso. Mangiavo un paio di brioches prese dalla macchina a gettoni e chiacchieravo con altri umani e umane sul prato del campus. Tornavo a casa e mi guardavo un po’ di tv, sfondandomi di canne con i coinquilini. Poi dovevo essere abbastanza lucido per alzarmi e uscire con la mia ragazza. Ci riempivamo di alcol, andavamo a ballare, facevamo un po’ di sesso. Verso le tre tornavo a casa sfinito e sfidavo il mio compagno di stanza alla play-station  fino all’alba.” L’elfimerò si fermò, scuotendo la testa a rimarcare quanto fosse stata stressante la sua esperienza di vita universitaria. Poi, notando che Pamelo diventava paonazzo di rabbia, si affrettò ad aggiungere: “Certi giochi sono davvero complicati, ma non ti ho fatto sfigurare, non temere. Reggi l’alcol che è una meraviglia, credimi, sei una leggenda”
“Ma hai studiato? Hai dato gli esami? Sono laureato, insomma?” si limitò a chiedere Pamelo, sorprendendosi che la propria reazione non fosse stata una furia omicida: forse la cultura elfimera l’aveva influenzato più di quanto immaginasse.
“Ma certo! Non ho mica bisogno di studiare io. Con un tocco di magia sei laureato con lode” disse Puffinbocca
“E… in cosa?”
“Lettere e filosofia”
“Oh no! Sono rovinato!” si disperò il giovane, strappandosi i capelli da elfimero.
Puffinbocca si affrettò ad effettuare la trasformazione, temendo che l’umano gli rovinasse la preziosa pettinatura a forma di cappello e, recuperata la forma originaria, sgattaiolò via in silenzio.
Pamelo si ritrovò solo nel bosco, vestito come un deficiente, col fegato di un cinquantenne e una laurea in lettere.
Ma fra gli elfimeri era cresciuto, aveva imparato a lavorare sodo e a controllare le emozioni. Nonostante tutto, ce l’avrebbe fatta. Così, pieno di fiducia e buona volontà, si recò al paese a salutare suo padre (l’elfimero aveva omesso che questi l’aveva cacciato di casa), per cominciare finalmente la sua vita da adulto nella capitale.
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