Siete pronti a partire su questo pulmino colorato in un viaggio nel tempo e nello spazio verso l’america che abbiamo conosciuto solo nei sogni e gli anni 60 immaginati più fulgidi d’amore, quel tempo che forse è esistito solo in punta di note e parole di canzoni, siete pronti a partire per la terra del “tutto è possibile”?
Allora lasciatevi andare senza paura, buttatevi in questo variopinto trip musicale, perché a prendervi ci saranno le braccia calde e amorevoli della Famiglia Akron.
Aprite quello sportello fresco di vernice rossa e salite. Love, Love, Love (Everyone) vi accoglie con quell’incedere solenne e spensierato che si sentiva nelle ballate più romantiche e trascinanti dei Beatles. Bene, siete saliti. Un battito di mani saluta il nuovo arrivato, accendiamo il motore, parte la seconda traccia. E il clap clap si trasforma nelle acclamazioni concitate, ritmate, festose e inquiete di un’orgia tribale, un rituale, un sabba per la liberazione sessuale. Ed Is A Portal lancia strali di psichedelia, raga e cantilene corali verso l’infinito. La coda elettronica vi ricorda che siamo nel 2007, ma niente paura, nella Famiglia Akron il tempo non ha importanza, anche la melodia più beatlesiana suona nuova e potente. Come nella traccia successiva: Dont’ Be Afraid, You Are Already Dead. Don’t Be Afraid, It Is Only Love: Love Is Simple.
L’introduzione di I’ve Got Some Friend potrebbe averla scritta Frank Zappa in persona. Ma poi ti ritrovi a viaggiare nella California dei Greatful Dead, fra country e psichedelia. Hai perso l’orientamento. Le luci si offuscano. E’ il tramonto, è una preghiera? Lake Song/New Ceremony e sei nel deserto a cavallo di un coyote. Hai mangiato qualche fungo di troppo. Ma una voce incredibilmente dolce ti rassicura, ti tiene per mano, mentre cavalchi su cori tribali femminili (scomparse le chitarre) verso il tuo spirito guida. E via anche la melodia, siamo in piena trance: lamenti e voci scarnificate che esplodono e ti ballano nella testa possedute dagli dei del rock. La nuova cerimonia introduce al cuore pulsante del viaggio, There’s So Many Colors (è anche significativamente al centro del disco). Aprono salmodianti cori femminili, si infiltra una chitarra acida, accordi errabondi che ricordano ancora i Greatful Dead e la risoluzione in una ballata folk che dipinge immensi cieli blu, vallate e montagne. Nel crescendo musicale il viaggio sembra sempre più magico, la vita è improvvisamente piena di colori e di amore, e dopo il festoso jam finale, un contrappunto sonoro più lento e riflessivo vi prepara al brano successivo: Crikets.
Con questa delicata folk song facciamo una sosta per guardare il paesaggio, pensare alla strada che abbiamo fatto finora, scambiarci qualche tenerezza.
Phenomena inizia con una melodia canticchiata, uno di quei motivetti eterni che vi sembra di conoscere da sempre, come una favola che vi hanno raccontato da bambini. Ed è un contrappunto continuo fra giri di chitarre alla Creedence dal sapore rock più puro e il ritorno di quella dolce melodia. Un match fra i ricordi d’infanzia, il desiderio del calore famigliare e del piacere delle piccole cose, e la ribellione, il salto nell’età adulta, la volontà di correre senza freni.
Pony’s O.G.: siamo sulla riva di un fiume a meditare sulla vita, sotto la luce autunnale di questa ballata country. Improvvisamente la voce riverbera elettronicamente in toni da space rock, un corno lancia un lungo richiamo e dal nulla spunta un gruppo di vampiri metropolitani, che fra acide trombe jazz vi porta nelle sensuali e pericolose strade di una città: insegne, neon, squarci di vita notturna, sesso e droga. Ma no, non è New York, saremo in qualche città di provincia del Texas: e il coro che ci sembrava di vampiri è in realtà dei nostri cari vecchi Akron che hanno fatto un po’ tardi a suonare in un locale. Of All The Things e finiamo il viaggio in festa. Apre con fiati e cori incalzanti: sembra di stare a un funerale irlandese. Ci siamo ubriacati, abbiamo ballato, ci siamo divertiti, ma lo sappiamo: è quasi ora di tornare a casa. Le chitarre bruciano ancora indiavolate, gli Akron/Family cantano a pieni polmoni, ma le luci pian piano si spengono, il pulmino hippie si ferma. Love, Love, Love (Reprise). Torna il tema iniziale. Ci abbracciamo. Ci salutiamo, un po’ tristi, ma più ricchi. La musica riecheggia sempre più lontana e restiamo soli nell’alba slavata, felici e sbronzi, ad ascoltare i suoni di rassicurante mistero mattutino.
E abbiamo subito voglia di far ripartire il disco e di iniziare un altro viaggio.