Rapporti di ricerca sulla vita sessuale delle formiche australiane e sugli ultimi avvistamenti di corridori onirici

martedì 15 novembre 2011

Il blog è in pausa a tempo indeterminato.
Be', scrivere un post per annunciare ciò che si poteva intuire da sei mesi di silenzio non ha molto senso. Ma mi sentivo in colpa ogni volta che scorrevo la lista dei blog che seguo, come quando te ne vai da una festa senza aver salutato gli amici o i padroni di casa.
Avevo pensato di chiuderlo, dopotutto non sono mai stata molto costante. Ma questo si può applicare a qualsiasi cosa nella mia vita. L'idea del blog mi piaceva perché non era obbligatorio mettere la parola fine.
Così vi saluto con una visione di Dave McKean e spengo la luce


domenica 1 maggio 2011

Aspiranti cyberuomini in sala d'attesa

Qualche giorno fa sono andata a farmi una visita per delle crisi d'asma che mi stanno tormentando da gennaio. Secondo mio marito si tratta di un disturbo psicosomatico, perché ogni volta che nomina L.J.S. (l'autrice dei libri che sto traducendo) mi scatta l'asma, tipo il nitrito dei cavalli in Frankenstein Junior quando si nomina Frau Blucher. Può darsi, ma non è di questo che voglio parlare.

Sono le otto di mattina del giorno dopo pasquetta quando entro nella sala d'attesa del mio medico a Matera e trovo un gruppo di vecchietti intenti a discutere animatamente di transumanesimo, cibernetica e religione in salsa futuristico-eretica. Mi siedo. Forse non sono ancora del tutto sveglia. Sì, stanno proprio parlando di cicli di reincarnazione, realtà virtuali con echi matrixiani e dickiani, trasmigrazione delle anime nelle macchine. Vanno avanti per un'ora buona e alla fine il più giovane (un tipo robusto, capelli sale e pepe sotto la coppola, sulla sessantina) conclude: fra qualche anno la carne umana non esisterà più, saremo tutti robotizzati.

Stelarc, artista postumanista, in posa con il suo terzo orecchio
Tornando a casa ripenso alla conversazione dei vecchietti e mi chiedo perché mi sorprenda tanto che parlassero di transumanesimo e non di acciacchi, politica e ricordi di gioventù. Più che sorpresa provo sollievo. E la sensazione di sollievo diventa sempre più intensa quando entro in casa e trovo il televisore acceso in cucina che, come al solito, si guarda da solo. C'è la solita serie tv italiana del nonno per amico che ha il figlio carabiniere e il nipote prete (o qualcosa del genere, tanto sempre quelli sono gli ingredienti). Almeno il televisore è utile alla mia gatta che ci sta appollaiata sopra a guardare i fantasmi sul soffitto (è molto freddolosa ed è vecchiotta anche lei... forse dovrei passarle qualche saggio di cibernetica). Vado in camera e accendo il pc. Ronza come un calabrone asmatico ed è l'ultimo posto in cui vorrei trasmigrare, ma compie ancora il suo dovere e mi mostra subito le pagine che cercavo. Sono in vacanza, il medico mi ha assicurato che anche stavolta non sto per morire, almeno non di asma, e ho una gran voglia di andare al cinema (è una delle prime cose che mi viene in mente quando sono felice). Cerco fra i film italiani, perché almeno quest'anno vorrei dare i miei soldini a qualche produzione nostrana. E poi due anni fa è uscita una piccola perla (anzi un minerale alieno): L'uomo fiammifero di Marco Chiarino. Non sia mai dovesse ripetersi il miracolo. Ma, almeno nei mesi di marzo e aprile 2011 non tira aria di miracoli. È la solita pappa pseudo-manieristica di neo (nel senso di tumore) realismo italiano. Film in cui, se ci fosse una scena ambienta nella sala d'attesa di uno studio medico del Mezzogiorno (ahia), i vecchietti innanzitutto sarebbero definiti "nonni" (anche se si fossero fatti sterilizzare a cinque anni) e parlerebbero di acciacchi, di nipoti carabinieri, di ricordi di gioventù, di quando si stava peggio, ma si stava meglio e di scottanti temi d'attualità. Tutto nei termini più banali e annacquati possibili.
Questi film pretendono di descrivere la realtà, ma, per fortuna, la realtà è ben diversa.

lunedì 18 aprile 2011

Le strade di sabbia - Paco Roca

Un uomo vive aspettando la morte. Come tutti, ma lui prende la cosa molto sul serio e, vestito col suo abito migliore, risiede in una bara, appoggiata al muro della cucina in cui la sua famiglia fa colazione, nell'appartamento di un albergo che somiglia alla torre di Babele, in una città labirinto dove tutti si perdono nelle proprie ossessioni e aspettano, chi l'avventura, chi l'amore, chi di fuggire e chi di tornare a casa. L'uomo è nella bara, circondato di rose e crisantemi, chissà, forse la moglie ogni tanto si ricorda di cambiar l'acqua. Accanto alla finestra aperta, un bozzolo. Anche il bozzolo aspetta. Di schiudersi. Come tutti i bozzoli di questo mondo. E noi aspettiamo che si schiuda.



























 


Un piccione si posa sul davanzale. L'uomo nella bara apre gli occhi. Il piccione china il collo e mangia il bozzolo. In un solo boccone. L'uomo esce dalla bara e per la prima volta sorride. Io pure sorrido e piango. Non l'ho ancora capita bene quella vignetta, e resterà sempre un poco di mistero, come in tutte le cose che non puoi smettere di amare. Il piccione d'inchiostro ha appena inghiottito un bozzolo che aspettava di schiudersi dentro di me. E all'improvviso, anche se, lo ammetto, resto ferma sul letto a guardare la pagina, anch'io esco.

L'uomo nella bara non è il protagonista e la scena raccontata è solo un piccola parte della trama del libro di Paco Roca "Le Strade di Sabbia", edito da Tunuè. Spero di aver invogliato qualche altro lettore a percorrere queste pagine, ricche di meraviglie e d'insidie. Buon viaggio.


martedì 12 aprile 2011

Il segreto del Morbillaio di Danilo Giovanelli

Le commedie raramente vincono gli oscar. L'umorismo, in tutte le sue forme, è sottovalutato. Mi capita la sera di cercare disperata fra i dvd una bella commedia per dare un po' di vita alla giornata e trovo solo drammoni, zompa e spara, splatterini di varia natura... E con i libri è ancora peggio. Non che non ce ne siano. Anzi. Ma il 90% dei film, dei libri e delle serie tv che dovrebbero strappare qualche risata, mi fanno solo innervosire. Troppo volgari. Troppo razzismo nascosto. Troppo stupidi.
Sarà capitato a tutti di restare ingrugniti a fissare uno schermo che provoca negli altri spettatori torrenti di risate, tempeste di pop corn sputacchiati e preoccupanti tremolii di sedili. E non perché non riusciate a capire le battute, anzi, vi sembra di capirle anche troppo bene. Allora siete alieni, vi manca il senso dell'umorismo? Be', forse... oppure semplicemente quel film non è nelle vostre corde. Ora, mi scuso se semplifico e dico qualche bestialità, ma credo che il dramma e la tragedia siano più viscerali, tocchino sentimenti più "universalmente" condivisi. In un certo senso, sono più "basse". La commedia, invece, è più "alta", per toccare davvero deve attraversare molteplici strati di complessità, è molto meno viscerale-naturale e più "culturale". Vabbe', il concetto andrebbe sistemato, l'ho buttato lì così... ma parliamo del Segreto del Morbillaio, che diamine!
Ho conosciuto Danilo Giovanelli con i tre  brevissimi racconti inseriti nell'antologia delle Edizioni XII "Corti, seconda stagione. L'invasione degli ultracorti"
Mi erano piaciuti tanto... tanto che per una settimana ho sfrancicato le scatole a tutti declamando in fila i tre raccontini di Danilo (che formavano una storia unica). L'ho letto a mio marito appena tornato da lavoro, a una mia amica al telefono, a mia madre in diretta su skype... Alla fine ero davvero brava a interpretarli e li conoscevo a memoria. Non che fossero qualcosa di mostruosamente originale... mi facevano ridere e mi facevano sentire bene. E non è tanto? A quel punto avevo bisogno di nuova pappa. Avrà pure scritto qualcos'altro questo Giovanelli, mi dico... e così scopro il suo Segreto del Morbillaio, vincitore del premio iNarratori per il miglior romanzo fantastico.
Il Morbillaio del titolo è il soprannome di Saturnetto Venceslao, un poeta di leopardiana memoria, malaticcio, butterato e color polenta, che aveva elevato culturalmente il piccolo provincialissimo paesello in cui era nato a vissuto.  In suo onore viene costruita una scuola dalle architetture surreali. A tener viva la memoria del sommo poeta c'è il gruppo dei fedelissimi Amici del Morbillaio, che accompagnano la declamazione dei versi con fantasiosi piatti di polenta (fra cui anche l'Aspic di Polenta e Polenta e Sushi... mmm!). Dei ragazzini trovano una poesia inedita di Saturnetto e sollevano il giocoso polverone di misteri e scoperte che vi terrà col fiato sospeso, tranne che per sghignazzare, fino alla fine del romanzo.
Ora, se vi piace un umorismo surreale e raffinato questo è il libro che fa per voi. Io l'ho trovato perfettamente nelle mie corde e ho passato un paio d'ore davvero piacevoli leggendolo. Alcuni capitoli mi hanno fatto venire quella che mia nonna chiama la strignarella (risate continue e incontrollabili, che provocano  scoppi di risa peggiori proprio quando cerchi di soffocarle). L'interrogazione-quiz con le mani dei fratelli Acaso da infilzare con le matite, a mo' di campanello, ad esempio. O la riunione degli Amici del Morbillaio.
È una scrittura piana, gradevole, con toni ironici e surreali, ma priva di certi eccessi alla Benni. Un umorismo amabile, con sarcasmo delicato, in fondo bonario, tipo quello di Terry Pratchett.  Faccio questi nomi per dare delle coordinate, perché credo che Danilo Giovanelli abbia una sua voce. Aspettando il suo prossimo romanzo (pleeeese) sono andata a fare un giro sul suo blog di vignette.
Se avessi un giornale gli affiderei subito uno spazio per le strisce. In un'altra vita, forse.



martedì 5 aprile 2011

News di Aprile

Ho tre brevi annunci da fare.
Questa settimana sono stata ospitata nel salotto virtuale, o meglio, nella misteriosa soffitta virtuale de La Tela Nera, un portale dedicato ai film, ai libri e ai racconti horror, thriller e fantastici. Il bravissimo Matteo Carriero mi ha intervistata e un insidiosissimo ragno mutante ha impiantato le sue uova nel mio sistema limbico. Per leggere l'intervista cliccate qui e per sapere cosa accadrà quando si schiuderanno le uova, continuate a seguire questo blog.
Per restare in tema, quest'anno mi trovate anche nelle uova di Pasqua! Ehm, mi è venuta in mente un'immagine piuttosto macabra. Correggo: trovate un mio racconto nelle uova di cioccolato. Per conoscere tutti i dettagli dell'iniziativa "Sorprese Letterarie", nata dalla collaborazione delle Tre Marie e della Scuola Holden, leggete qui.
Se invece volete fare una chiacchierata e siete a Caserta il 14 aprile, venite a trovarmi alla presentazione di "Al buio non parliamo delle stagioni". L'appuntamento è alle ore 20 presso la sede di Giosef Caserta, in Via Battisti 69.
Grazie a tutti e buona navigazione.

domenica 3 aprile 2011

Funcooler per passione

C'è chi a fun cool ci va per noia, chi ci ritorna per professione,
Gelostellato né l'uno né l'altro, lui vi ci manda per passione.

Ecco, bel modo di aprire un post dopo due settimane di assenza. Un minuto di silenzio per fissare la tastiera con aria contrita (...) Fatto. E, comunque, in tempi di fun cool tutto è lecito. Anche deturpare una bellissima canzone per fingere di aggiornare il blog, o fingere di aggiornare il blog per invitarti a partecipare al concorso più divertente della rete, o invitarti a partecipare al concorso più squilibrato di gelostellato per diventare uno scrittore sayan nella prossima vita.


Ora, se non mi hai ancora mandata a fun cool, potresti voler fare delle domande.
Perché dovrei partecipare? Leggi qui
Fico! E cosa devo fare per andare a fun cool? Leggi ancora qui
Non ho capito. Potresti farmi degli esempi? Vaaabe'... Leggi qui e qui.

Potresti essere un alieno che non ha ancora preso del tutto la zampa viscida e squamosa con i sistemi informatici terresti ed è probabile, pertanto, che tu non abbia capito di dover cliccare sui "qui". In tal caso farò un riassunto.

In palio ci sono libri e punti Karma (per diventare scrittore sayan nella prossima vita se arrivi al tredicesimo posto e scrittore dell'anno per le Edizioni XII se ti piazzi al primo).
Si partecipa con un solo racconto in una frase. Lunga o corta, basta che racconti una storia e abbia il punto solo alla fine. C'è tempo fino alla mezzanotte del 10 aprile.

Buon fun cool!

domenica 20 marzo 2011

Sorelle Mai di Marco Bellocchio

L'ultimo film di Bellocchio mi ha fatto tornare in mente quello che il mio insegnante di storia del cinema chiamava "cinema di poesia". Brevi, potentissime immagini che non si presentano come tasselli funzionali di una trama, ma attraverso il nostro sguardo e il nostro vissuto si accendono di vita, fanno riprovare un'emozione dimenticata, un ricordo che credevamo perduto.
Si tratta della vita di una famiglia raccontata in sei episodi che vanno dal 1999 al 2008. Il passaggio del tempo è dato dalla crescita di Elena, che da bambina vediamo diventare adolescente e dalle partenze e ritorni della madre Sara, a Milano col sogno di una carriera nel teatro, e dello zio Giorgio, che con la sorella ha un  difficile rapporto, anzi morboso, di amore e odio. Sempre presenti le due zie ottuagenarie, le sorelle del titolo, che non sono mai uscite dal paese, mai hanno lasciato la famiglia e le mura di casa (splendidamente riprese da Bellocchio in un chiaroscuro opprimente e caldo, al tempo stesso carcere e ventre materno).
Non apprezzo molto le storie intimiste, ma in questo film, anche se ci sta tutta la famiglia di Bellocchio, dalle zie ottuagenarie al figlio attore, anche se parla del suo paese natale, Bobbio, io ho rivissuto alcuni momenti della mia infanzia e certe sensazioni che provo quando torno a Matera e poi riparto, lasciando vecchie ferite, affetti sicuri e confortanti, fratelli e cugini che crescono senza di me, vite che avrei potuto vivere e da cui sono sempre scappata e che chissà, forse non erano così cattive. L'ho trovato un film poetico, struggente e vero; mi è piaciuto anche nelle piccole imperfezioni del suo sperimentalismo.
Alcuni girano interi film sulla pubertà e il passaggio all'adolescenza e non riescono a raccontare nulla di vero e significativo. A Bellocchio è bastata una breve sequenza. Nell'episodio precedente Elena era ancora una bambina che giocava con lo zio (e lui le diceva: basta con questi giochi, sei grossa, sei pesante adesso). E poi vediamo il ponte sul fiume che attraversa il paese affollato di ragazzini. Camera fissa, discreta, immagine sgranata. Elena cammina sorridente accanto a un tredicenne, mezzo bambino ancora. Ha la pelle abbronzata e dalla scollatura della canottiera estiva si intravedono i seni appena formati. Li vediamo arrivare in primo piano e uscire di campo, sorridenti di quell'allegria spavalda che si prova forse una sola volta nella vita.
Ora, ci sono anche un paio di cose che proprio non mi sono piaciute. L'episodio dell'insegnante distratta che, oltre al fatto che sta a pensione dalle sorelle Mai, non ha alcun legame con il resto del film. Alba Rohrwacher è una palla e recita sempre allo stesso modo. Potrebbe anche essere un intermezzo carino, in fondo, ma non ha alcun senso. La seconda cosa che non ho molto apprezzato è il finale. Conosco persone che per un finale sbagliato ripudiano tutto il film (o il libro). Per me ogni pagina di un libro, ogni fotogramma di un film o episodio di una serie ha pressappoco lo stesso peso. Conta il viaggio, non la meta. E questa gita di due ore sulle rive del Trebbia è stata piacevole e mi ha fatto ricordare belle cose.
Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...