Mi piacerebbe curare una rubrica settimanale su una rivista dedicata al post mortem. Il primo numero potrei dedicarlo a Dante, tanto per rimanere sul classico. Nei successivi appuntamenti ci sarebbe spazio per tutti gli oltretomba immaginati, dai Greci agli Egizi, dagli Induisti ai Maya del Popol Vuh. Ci sarebbero anche delle uscite speciali, riservate agli scenari più recenti del cinema e della letteratura.
Non potrebbe mancare infatti un numero su After Life, il film di Hirokazu Kore-eda, in cui i defunti hanno una settimana di tempo per scegliere il ricordo più bello della loro vita da immortalare nel film che vedranno per il resto dell'eternità. Alcuni decidono subito, altri si pentono della prima scelta o, dopo aver rivisto tutte le videocassette della propria vita non sanno ancora quale sia il ricordo che vogliono eterno. Per i più indecisi c'è la consulenza dei gentili impiegati di questa azienda di filmaker del limbo, che consolano e consigliano perché tutti, inderogabilmente, allo scadere del settimo giorno, devono poter morire per rinascere all'eternità, ovvero devono scegliere. Perché tra le infinite possibilità ne accade una soltanto, perché fra tutti i momenti della propria vita solo uno sarà filmato (il cinema come metafora della vita).
Io penso che sarei entrata a far parte dello staff (è il destino di chi si rifiuta di scegliere).
L'oltretomba più congeniale che mi sia capitato d'incontrare è quello descritto da Neil Gaiman in American Gods. E' molto semplice e liberale: ognuno ha la vita dopo la morte che preferisce o che ha immaginato. C'è chi se ne va all'inferno, chi si ritrova al cospetto di Anubi o San Pietro, chi rinasce... persino l'ateo è accontentato. Poiché si è liberi anche di desiderare il silenzio e il nulla eterno.
Il mio oltretomba preferito, quello che sceglierei sicuramente se il buon Gaiman avesse ragione, è descritto in un oscuro romanzetto di fantascienza di cui ho lasciato una recensione in questo blog. Ne "Il libro del fiume" di Ian Watson, chi muore se ne va per sempre libero nel tempo e nello spazio, entrando e uscendo dai corpi dei vivi di qualsiasi epoca e pianeta. In questo modo vive infinite storie, ha tutte le emozioni, le avventure, le sensazioni che mai avrebbe potuto avere in un corpo solo e in una sola vita.
E' molto meglio della reincarnazione (o molto peggio, dipende dai punti di vista), poiché chi rinasce si trova pur sempre limitato ad un corpo, un tempo, una serie unica di eventi che formano la sua personalità, il suo passato e delimitano il suo futuro.
Oppure mi piacerebbe diventare musica. Una volta girai un cortometraggio in cui una ragazza diventava musica. Si alzava una mattina, si preparava una spremuta di arance e un caffè e cominciava a fare piccole cose belle e imprevedibili, come gettare all'aria i panni stesi invece di raccoglierli, solo perché era affascinata dal modo in cui le camicie si gonfiavano, simili ad uccelli, prima di cadere, o alle lenzuola che planavano come tappeti magici... il suo ragazzo le dava della stupida e usciva di casa piuttosto incazzato. Nel resto della giornata, prima di diventare musica, faceva altre cose: andava a fare la spesa al mercato, si fermava in mezzo alla strada, posava le buste e cominciava a girare su se stessa, giocava a calcio con dei ragazzini, eccetera. Infine, semplicemente camminando, diventava musica.
Esattamente diventava Summertime cantata da Janis Joplin.
L'avevo resa così: piano fisso sulla ragazza che si allontana diventando sempre più trasparente. Man mano che lei si smaterializza si alza il volume della musica, finché la ragazza scompare completamente e nella strada deserta si sente solo il roco canto blues di Janis. Per far capire che era proprio diventata musica avevo ripreso anche un barbone che si alza e si allontana nella direzione opposta fischiettando Summertime.
Quando poi ho visto After Life ho passato un sacco di tempo a decidere quale sarebbe stato il ricordo che avrei scelto per l'eternità. Anche l'oltretomba libero di Gaiman mi ha dato non poco filo da torcere: non sono mica sicura di voler fare il fantasma trasmigrante per sempre. E se dovessi diventare musica, come vorrei suonare? Che canzone sarei?
In fin dei conti potrei davvero proporre questa rubrica ad una rivista: chi negherebbe la pubblica utilità di una esaustiva guida settimanale sugli oltretomba possibili? Perché, se il buon Gaiman ha ragione, è sempre meglio essere preparati a scegliere quello giusto, quello più adatto a noi, ai nostri gusti, alla nostra personalità.
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