Premessa: Quando questo blog era ancora su splinder, un post sul tema del desiderio era finito, chissà come, fra i primi risultati delle ricerche su google per la parola chiave "venditori porta a porta". Me ne sono accorta dai commenti piccati e talvolta offensivi dei venditori in visita: ormai ricevevo solo quelli. Prima di traslocare su blogger, avevo promesso di scrivere un articolo dedicato solo ai venditori. Eccolo qui. Forse seguiranno altri racconti della stessa "serie".
Il diavolo e la signora Dulcinea.
Si dice che il diavolo, stanco di comprare anime, indossò il suo completo migliore di seta saturnina e si improvvisò venditore. Improvvisare non è però il temine corretto, probabile che l'abbiano inserito qui i suoi denigratori. Non improvvisa nulla il diavolo, e poi vendere non è così diverso dal rovesciare un guanto. Come andò, riuscì a vendere almeno un tagliagole, un aspirasoldi, un crematore? No, fallì, ma solo per un difetto di forma, che non sia mai detto il diavolo non sappia mercanteggiare. È dei mercanti il maestro, lo sanno anche i ciottoli di Porta Portese, lo sussurrano le lanterne di Temple Street, lo mostra la sabbia che s'infila negli occhi a Kahn Al-Khalili, lo cantano a squarciagola gli ubriachi di Camden e gli archi del Gran Bazaar ne serbano l'arcano, perché c'è sempre chi è disposto a comprare un segreto di pulcinella. Già s'avvide il demonio che qualcosa non andava alla prima transazione, nel salotto di trine, umori scaduti e sogni appassiti per profumare gli ambienti della signora Dulcinea, che della sua intimità non più sentiva l'odore e non s'illudeva certo di risolvere il problema con un diffusore elettrico. Nè, tantomeno, con l'anima di Jean-Baptiste Grenouille. Si premurò il bel giovine di vello di vacca vestito, tutto nero come una cassa da morto o come il tisto dietro le recchie del nipote, di dirle che persino i personaggi d'inchiostro vanno all'inferno, che non vendeva lui animelle di seconda mano. La Dulcinea s'indispettì, che vecchia era, mica scema e lo mandò all'inferno, che di bellimbusti fetenti (ahimé, quanto avrebbe desiderato poterne invero sentirne l'odore) sbavosi dietro alla sua pensione, ne aveva piene le tasche. Al che tornò un attimo a casa il demonio, ma solo per prendere il libro. Lesse alla Dulcinea, che sul vecchio dondolo s'appisolava a tratti, tutta l'opera letteraria nota come "Il Profumo". E che devo dire, giovinotto, commentò alla fine, bravo mi sembra, è bravo, mica lo nego. Fece un ruttino per smaltire il ketoprofene preso col succo d'orzata che tanto l'infanzia le ricordava e lasciò ciondolare la testa, ripetendo "bravo, bravo", come faceva quando il concorrente indovinava il quiz. Ma che faccio, poi con l'anima sua? Nel diffusore la metto? E non riferirò cosa il diavolo rispose, poiché giammai intendo dovergli pagare il copyright. Basti sapere che la convinse. Le concesse anche un giro di prova. E non si contano le stelle che negli occhi della Dulcinea s'accero quando il Grenouille ridestò le sue narici addormite! E mo' come ti pago?, chiese alfine la vecchia. Che so' pensionata io e vengono i nipoti, non ci compro le caramelle? Non ci compro i kindèr e i pupazzetti del cinese, che prima era tuttomille, mo' s'è messo la targa nuova tutt'a un euro. E l'interruppe il venditore, arrecandole grande gioia perché non un centesimo della sua pensione chiedeva per l'anima del Grenouille. Non abbocca un falsario a una banconota tarocca. E il re dei falsari non si fa pagare con la moneta falsa che il mondo muove e ch'egli stesso, dall'inizio del tempo, ha messo in circolazione. L'anima della Dulcinea chiese, e la Dulcinea, senza un fiato, gliela rese.
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