Ho letto ieri che, nella scuola dell'infanzia di Fossalta di Piave in Veneto, un sindaco leghista...
E qui si crea attesa: che avrà fatto? Qualcosa di disgustoso, immondo, abietto, meschino? Ehi, ma sempre questi stereotipi. I sindaci leghisti sembrano gli orchi di un brutto romanzo fantasy. Ebbene sì, ha fatto una cosa meschina, abietta, disgustosa. Ai danni di una bambina di quattro anni. La realtà, purtroppo, è piena di stereotipi e non la possiamo nemmeno cestinare.
Per i dettagli della vicenda rimando all'
articolo su "Il Fatto Quotidiano".
Riassunto per chi non abbia cliccato il link (sicuro? Guarda che l'articolo intero è meglio del riassunto):
Per non allontanare dalla mensa una bimba di origini africane, le maestre si privano di un pasto a settimana, ma il sindaco le accusa di danno erariale e le minaccia: denuncia al provveditoriato e sospensione dell'insegnamento per chi regala la sua cotoletta a una bimba di quattro anni. La direttrice dell'asilo lo spalleggia. E quando l'intervistatore domanda se alla base di quella decisione non ci sia il razzismo, risponde: “Penso proprio di no. Anzi, questa vicenda è la migliore garanzia della
buona fede del sindaco: la bimba viene trattata come verrebbe trattato un
qualsiasi italiano”.
La frase mi ha colpita, perché l'ho sentita tante volte per giustificare piccoli e grandi soprusi, violenze nascoste, crudeltà di varia natura. È una frase da manuale nella retorica del razzista in "buona fede".
L'ultima volta che l'ho sentita ero in biblioteca con F., una sedicenne iscritta al secondo liceo scientifico. F. è intelligente, studiosa, assennata. In Iraq andava bene in tutte le materie, anzi, era la prima della classe, mi confida con orgoglio misto alla frustrazione di aver dovuto ricominciare dal primo anno il liceo in Italia e di rischiare una seconda bocciatura, nonostante gli sforzi e la tenacia che un qualsiasi studente italiano non si sogna nemmeno. Non perché sia pigro o privo di immaginazione, ma per una ragione molto semplice: gli insegnanti, pressappoco, parlano la sua lingua.
Ho cominciato a seguire F. e suo fratello l'estate scorsa, per aiutarli a superare gli esami nelle materie in cui erano stati rimandati. (E se qualche orco nazi-leghista vuole accusarmi di danno erariale perché do lezioni private gratis, rispondo: tiè, non sono un'insegnante). Purtroppo, non ce l'abbiamo fatta. F. e suo fratello si sono iscritti a un altro liceo scientifico (non al professionale, come pretendeva l'insegnante che li ha bocciati). L'altro giorno, cercando di fare un po' il punto della situazione, ho chiesto come stava andando e se stavano prendendo buoni voti. F. ha risposto, ridendo, che di questo passo a ottant'anni frequenteranno ancora il secondo anno di liceo scientifico in Italia. Mi racconta dell'ultima interrogazione d'inglese.
Il prof le fa una domanda ed F. chiede di ripetere perché non ha capito. Il prof la ignora. Lei gli confessa di non capire il suo accento (immagino la scena: lui presume di parlare come un nativo oxfordiano e invece biascica in inglese maccheronico). Il prof risponde che non intende ripetere la domanda.
«Volete essere trattati come italiani e non come stranieri? Be', vi sto trattando come italiani. Così ha detto e mi ha rimandata a posto. Senza voto», dice F. e mi guarda.
La guardo anch'io e vedo una ragazza di sedici anni che studia come un'ossessa per passare l'anno, anche se non sarà più la prima della classe. Sa di lavorare dieci volte più dei suoi compagni, eppure un insegnante scambia una legittima domanda per una richiesta di "favoritismo". Vedo una ragazza che arriva, una mattina, tutta luminosa in viso perché ha un cappotto nuovo ed è venuto a trovarli un cugino dalla Germania. Una sedicenne che vuole degli amici veri, vuole che i genitori siano orgogliosi di lei, vuole essere amata, vuole rispetto. Vedo un'adolescente che ha visto ammazzare il suo insegnante davanti alla classe. Che per sopravvivere è dovuta scappare dal proprio paese. Che non sa se rivedrà più gli amici, i cugini, gli zii, la grande casa in cui è nata. Vedo F.
e mi chiedo: ma cosa diamine ha visto il prof d'inglese? Un manichino col cartello "straniera wannabe italiana"? Dove sono questi ipotetici, inesistenti "stranieri" senza volto? Come ha fatto a non vedere F. anche se ce l'aveva lì, in carne e ossa, accanto alla cattedra? E se l'ha vista, perché fingere e scaricare su di lei frustrazioni e paure? E già abbastanza dura essere adolescenti.
Forse questo sindaco leghista, questo insegnante di liceo e tanti altri (davvero tanti, pare) che con la crudeltà, ma senza l'innocenza, dei ragazzini, compiono piccole o grandi violenze contro bimbe di quattro anni e adolescenti in fuga dalla guerra, vedono il mondo in numerini verdi e definizioni da opinionista della domenica, un po' come Terminator. O come i Dalek. Umano bzzzz straniero sterminare sterminare. Non lo so. Sinceramente provo a capirli, ma non ci riesco.
Eppure si presume che siano esseri umani anche loro, nonostante la reazione del sindaco leghista, ad esempio, possa far sorgere qualche legittimo dubbio. È così difficile comprendere che gli altri non vogliono essere trattati come "italiani" o "riempi con una nazionalità a caso", ma come PERSONE?