Clara scopa solo i vecchi, i malati terminali e i poveri di
spirito.
In quanto angelo non ha sesso, ma ama farlo con devozione
assoluta.
Vive in una stanza angusta in via di Torpignattara.
Una delle sue amanti abita nello stesso condominio, al primo
piano. Sta sempre sulla soglia di fronte a un piccolo televisore, come faceva
da ragazza, quando viveva al paese e aveva già quattro figli. E' sorda, per
questo mette la TV a tutto volume e, quando i vicini scendono per protestare,
offre biscotti al miele e mostra le foto dei figli e le cartoline che le
mandano a Natale.
Un altro amante è un vecchio pieno di rancore. E' l'incubo
delle centraliniste del CUP e degli autisti dell'ATAC, perché passa le giornate
sugli autobus – ha sempre qualche esame delle urine da consegnare, qualche
analisi da ritirare – a insultare giovani donne e a sputare sui liceali, come
se ognuno di loro, con malignità, fosse venuto al mondo solo per rubagli il
posto e la vita.
L'altro amante è morto stamattina. Si è iniettato una dose
letale di eroina, nella vasca da bagno. “Non sopporto più questo schifo, la
gente è cattiva. Voglio averti tutta per me, per sempre scoparti, nel paradiso,
dove c'è solo la tua bellezza.”
La polizia ha chiamato Clara, perché c'era il suo indirizzo
sulla lettera del suicida.
“Perché mi hai lasciata?” sospira l'angelo. “Non lo sapevi,
amore mio, che io sono qui, soltanto qui.”
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