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martedì 17 novembre 2009

Serial Revolution

Qualche settimana fa parlavo un tipo che si dava arie intellettuali. Dopo aver citato una banda di simpatici scrittori morti, il discorso è caduto sulle serie tv.
"Mah, io non la guardo quella roba" fa lui. "Al massimo mi concedo qualche puntata dei Cesaroni, con mia madre."
Sdanghete, mi sono cadute le braccine.
Come facevo a spiegargli la rivoluzione strutturale della sceneggiatura classica americana apportata da Lost? E le sottigliezze di Fringe? E la magnifica epica di Battlestar Galactica, e il post-moderno in True Blood? Ok, sto citando solo serie di genere fantastico, ma se volete posso mettere anche i dialoghi brillanti di Sex and the City, la commistione fra la struttura del thriller e il plot di una medical series di Doctor House, che mi sta parecchio sui nervi, ma la sua piccola innovazione l'ha fatta.
Come facevo a parlargli di serie mai approdate sugli schermi degli italiani (Spaced, deliziosa comedy inglese, ad esempio)?
Mi avesse almeno citato Boris. No, i Cesaroni. Tanto perché si dava arie intellettuali, se no chissà che "Occhi del cuore 2" mi sparava.
Il grosso problema è che le serie tv, un po' come la fantascienza e il fantasy, sono sinonimo di disimpegno, se non di spazzatura. Ma dell'arretratezza di questo paese e dell'annoso pregiudizio sulla fantascienza e il fantasy parlerò un'altra volta.
Sarà perché le serie tv italiane fanno piuttosto schifo (tranne qualche lodevole eccezione)? Sarà perché il 90% degli sceneggiatori italiani sa pigiare solo F4? Eppure certe serie interessanti arrivano anche qui.
Non ho la risposta, anzi, se qualcuno me la rivela mi fa un favore.
Però penso che, negli ultimi 10 anni, la maggior parte delle innovazioni nella settima arte siano venute dalle serie Tv più che dai film.
Ora, con tutto il bel materiale che ribolle in giro per il mondo e il brulicare di idee geniali che chissà quando e se arriveranno in Italia, vogliamo aspettare che un impiegato mediaset o rai ci selezioni quello che ha avuto uno share molto alto in america o che può piacere al suo stereotipo di italiano medio?
No, no, non voglio aspettare, anzi, domani butto il decoder dalla finestra. Ma non so l'inglese, come faccio?
Semplice, c'è una squadra di traduttori su ITASA che lavora per voi.

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