Ci
sono libri che ti portano lontano, in un lungo viaggio avventuroso, e
tornano di soppiatto a risvegliare le tue paure inconsce, a rovistare
negli angoli bui del tuo immaginario, dove dormono gli incubi che da
bambino ti svegliavano nel cuore della notte.
"Il mangianomi" è uno
di questi libri. Ed è una vera fiaba, come se ne raccontavano una volta.
Piena di crudeltà, coraggio e mistero.
Nel ducato di Acquaviva,
giunge un essere senza nome, un'ombra mostruosa che ruba i nomi e le
identità di ogni essere animato e inanimato. Uomini che non riconoscono i
propri cari, campanili che diventano orride torri viventi, animali
deformi con volti umani. Nobili e contadini si rivolgono all'unico che
possa salvarli, il leggendario cacciatore Magubalik. Non di un esercito
ha bisogno il giovane cacciatore, ma di tre cani soltanto. E tre
saranno, come in ogni fiaba che si rispetti, i suoi aiutanti: una lupa
forte e assetata di libertà, un alano veloce come il vento e un cane
dall'udito straordinario. Comincia la caccia e comincia a girare la
lanterna del cantaombre, il misterioso narratore che ci accompagna
nell'avventura.
Siamo nel regno di Napoli, fra ducati, banditi,
spagnoli e pirati saraceni. Queste le coordinate dell'immaginario. Per
meglio trovare la rotta dobbiamo aggiungere delle coordinate
metafisiche: siamo nella valle dei nomi, dove i nomi delle persone danno
vita al linguaggio stesso, e identità e nome sono una cosa sola. Io il
viaggio l'ho appena terminato, e non voglio svelarne le tappe, perché,
sebbene le strade di questa storia siano tracciate nelle profondità del
cuore umano, e il genuino piacere dell'avventura che spinge a
percorrerle.
Qui potete leggere le prime 170 pagine del libro (parte I più il primo capitolo della parte II).
Qui trovate la scheda del libro.