Rapporti di ricerca sulla vita sessuale delle formiche australiane e sugli ultimi avvistamenti di corridori onirici

sabato 22 dicembre 2007

Rivoluzioni interiori e inutili classifiche.

L'evento più gratificante della scorsa settimana è stato l'ascolto dell'ultimo lavoro degli Einstürzende Neubauten, Alles Wieder Offen e la scoperta di questo rivoluzionario collettivo berlinese e di Blixa Bargeld, poeta, musicista, intellettuale, performer teatrale. E' stato un momento fondamentale, e fonte di grande eccitazione, perchè sapevo che sarebbe stata un'altra piccola rivoluzione interiore, come quando ho letto per la prima volta le Illuminazioni di Rimbaud a quattordici anni (ricordo ancora il giorno in cui ho avuto fra le mani quell'edizione millelire, quando non sapevo ancora che mi avrebbe cambiato la vita). O quando in una notte insonne di ultimo anno di liceo sono capitata su fuori orario e ho visto "Un anno con 13 lune" di Fassbinder (e ho deciso che avrei studiato cinema). Probabilmente se avessi conosciuto gli Einstürzende qualche anno fa l'impatto sarebbe stato più potente (ma come ho fatto a farmeli sfuggire per tutti questi anni, con tutta la musica che ascolto poi?) Ero in fissa con l'arte e il teatro espressionista, mi interessavo a body artisti e performer del corpo post-organico, ho anche recitato un paio di volte con Judith Malina e il Living Theatre... insomma gli anarchici terroristi sonori "Nuovi edifici da abbattere" sarebbero capitati a fagiolo. Ma non è mai troppo tardi per le rivoluzioni, altrimenti si è vecchi, o già morti.
Questo lungo preambolo per una stupida classifica? E perché no...

Disco dell'anno va a....

ARCADE FIRE - NEON BIBLE
Che si aggiudicano anche il miglior LIVE 2007


Subito seguiti dagli
Einstürzende Neubauten, ovviamente, con Alles Wieder Offen





Il terzo posto ex-equo a i RADIOHEAD per In  Rainbows (che si aggiudicano anche il premio PEGGIOR album cover... e mica la posto... sta male accanto al magico cuore di lana) e agli AKRON/FAMILY per Love Is Simple (che vincono invece il premio MIGLIOR album cover)



Seguono, in ordine casuale:

Animal Collective – Strawberry Jam
Marmellata sonora di psichedelia, folk ed estatici filamenti di pop
Burial - Untrue
Inquietudine, spleen, visioni suburbane nel dubstep metropolitano.
Jens Lekman – Night Falls Over Kortedala
Romanticismo e ironia per un pop senza tempo
Odawas – Raven And The White Night
Paesaggi cinematografici fra Morricone, Lynch e Pink Floyd.

E ancora, nostri signori dell'oscurità e dei sogni:
The Warlocks – Heavy Deavy Skull Lover
To Kill a Petty Bourgeoisie - The Patron

E ci sarebbero anche gli Okkervil River, Air, Iron % Wine, Stateless, Efterklang, Modest Mouse... ma le classifiche devono fermarsi a dieci, perché tante sono le dita della mano. E dei piedi. E se avete più dita siete liberi di pescare un disco a caso fra quelli dei musicisti sopra nominati.

lunedì 17 dicembre 2007

La radio del cronopio

Come si può notare dalle due poesiole qui sotto, non sono stata molto bene ultimamente. E ascoltare ripetutamente la discografia completa dei The Black Heart Procession non è stato molto d'aiuto.
Ve li consiglio caldamente, tutti i dischi: 1, 2, 3 (si intitolano così), The Spell e Amore del Tropico. E non solo perché i Radiohead vi sembreranno degli allegri ottimisti al confronto, ma per l'intensità e la qualità musicale delle loro ballate.
E, mentre mi ripropongo per l'ennesima volta di aggiornare più spesso questo blog, vi segnalo una novità.
Avrete notato il simpatico gadget che ho sistemato sotto il maialino. E' la mia playlist di last fm. Ogni settimana (per l'esattezza il lunedì o il martedì) seleziono per voi 20 brani bellissimi (la prima playlist ne conteneva 50, ma è troppo impegnativo selezionare 50 nuovi brani ogni volta... e comunque chi li ascolterebbe tutti? Direi che 20 bastano).
Per ascoltare la radio del cronopio, quindi, basta cliccare sul play lampeggiante e godere di 80 minuti circa di musica di qualità (oggi, la modestia si spreca).
Buon ascolto!

lunedì 10 dicembre 2007

Ricordare e dimenticare.

Non scrivo poesie, e non capiterà più. Ma avevo bisogno di dire un paio di cose e questo era il modo in cui riuscivo a dirle.

Ad un amico sognatore che si è quasi distrutto con l'eroina e che ho perso di vista.

Marzo di latte nome di
spine lontani termidori
giocare con le voci candite
ventisette anni in un mese
nel giardino del tempo
trovare una lucertola
in panne e soldati nel
cuore del sogno che si
grattano le ferite.

Marzo di latte nome di
spine lontani termidori
lamelliformi desideri
nuotano a rana nel palazzo
del Presidente e la fine
del lavoro non perdona
i fragili sciolti fannulloni
dalle vene sognanti

Marzo di latte nome di spine.....


Questa è per me, e per chi la vuole.

Appendi la tua famiglia ad un gancio
da macellaio
e fallo scorrere lontano.
Ritaglia il tuo cuore gonfio
di pus cattolico e
dimenticalo su un post-it giallo.
Sperpera gli amici
al gioco
il dolore non vale la posta.
Stipa i tuoi sogni in una scatola
con un biglietto
per aprirla solo quando morirai.
Ho piegato i petali del papavero
ma non è diventato una bambola.
Raccontatemi ancora una bugia
che desidero crederci
perdutamente.

giovedì 6 dicembre 2007

To Kill A Petty Bourgeoisie - The Patron

Arriva dal Minneapolis un nuovo duo uomo-donna: Jenha Wilhelm (voce, multistrumentista) e Mark McGee (elettronica, multistrumentista). “The Patron” è il loro album di debutto per l’etichetta indipendente Kranky.


Il genere è una raffinata miscela di elettro-noise su scenari gotici, trip-hop (i Portishead più cupi) e dream-pop alla Slowdive scarnificato in uno shoegaze che richiama i Bloody Valentie più eterei. Ecco le radici sonore del duo, ma il risultato è una pianta aliena e malsana, con foglie traslucide dagli strani colori, sicuramente velenosa. Sì, perché, una volta superata la diffidenza iniziale (non è proprio un ascolto facile) ne sarete dolcemente intossicati, sempre più desiderosi di scoprire le sottilissime trame che compongono questo indefinibile e mistico tessuto sonoro di rumori, ritmi trip-hop, cantilene dolcissime e solenni (ascoltate Lovers & Liars, con ritmi da luna park in uno straniante loop, graffi noise, e il canto da Alice nel paese delle meraviglie Dark di Jenha).
E’ un contrasto straniante quello che dà vita al suono unico di questo disco, fra la voce limpida, sensuale, onirica di Jenha Wilhelm, e il tessuto sonoro elettro-noise cupissimo, straziato, eppure mai sgradevole, come se l’orrore debba esser presentato con dolcezza e distaccata gentilezza.
Anche quando è sporcata e campionata la voce resta limpida, su un altro livello, pare non mescolarsi mai con la musica, ma le scorre accanto, la sfiora, l’accarezza. E’ un contrasto alchemico: anche il passaggio sonoro più distorto, sporco e rumoroso, diventa pura armonia angelica.
E’ dalla prima traccia che è subito messa a nudo l’anima del disco: tre forti squarci di rumore su un vischioso tappeto elettro-dub-noise, che mettono subito in chiaro il territorio sonoro piuttosto respingente per chi è abituato ad ascolti più leggeri. Entra la filastrocca dark di Jenha e sappiamo che non possiamo più scappare: è il canto della sirena, che ci porta in lande pericolose e affascinanti, dove ci sembra di riconoscere una Bjork cadaverica e malvagia, un trip-hop ancora più slow, suonato da devianti mentali, lo shoegaze che abbiamo immaginato siano soliti suonare nell’Ade. Insomma ci sembra di riconoscere riferimenti musicali, generi, ma sono tutti capovolti, come in Alice Oltre lo Specchio, sono diversi da come li ricordiamo, come in un sogno. O in un bellissimo incubo. Per avere ancora un’idea del risultato finale di questa alchimia voce-suono immaginate un film di Shinya Tzukamoto. O semplicemente uno di quegli Horror Coreani e Giapponesi, in cui la protagonista, vittima e regina del male, è sempre una ragazza tanto incantevole quanto inquietante, o più spesso una bambina, dal viso pallido e gli occhi glaciali. E immaginate i luna park deserti di notte, i carillon che suonano quando qualcosa di spaventoso sta per accadere (non a caso c’è un carillon in coda a Dedicated Secretary , e le litanie circensi fanno spesso capolino, seppur abilmente camuffate, dalle trame sonore di varie tracce, come nella già citata  Lovers & Liars, o in I Box Twenty). Eppure la voce di Jenha non è mai crudele, ma vi accompagna con dolcezza, a volte cantando una ninna nanna, su ritmi di marcetta e dissonanze, come negli otto minuti di The Man With The Shovel. O quando finalmente si apre quasi lieta nel liberatorio finale, Window Shopping, un risveglio in cui scompaiono le trame sonore angoscianti, quegli incubi rarefatti che non dimenticheremo facilmente.
Un poema saturnino da ascoltare più volte, un regno incantato da attraversare con abbandono.

Recensione pubblicata su ROCK ACTION
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